Eneide (Garzanti Grandi Libri) (Italian Edition) by Virgilio

Eneide (Garzanti Grandi Libri) (Italian Edition) by Virgilio

autore:Virgilio
La lingua: ita
Format: azw
editore: Garzanti classici
pubblicato: 2010-10-15T16:00:00+00:00


LIBRO UNDICESIMO

L’aurora sorgendo abbandonava il mare. Nel primo mattino il vittorioso Enea scioglieva i suoi voti agli Dei, benché fosse impaziente di seppellire i compagni e turbato da tanta strage. Pianta su un monticello di terra una gran quercia spoglia di rami e la riveste con le armi scintillanti di Mesenzio: trofeo elevato in tuo onore, grande Dio della guerra. E vi adatta il cimiero macchiato di sangue, le lance spezzate dell’eroe, la corazza ammaccata e bucata in dodici punti; appende a sinistra lo scudo di bronzo, lega al tronco la spada dall’elsa d’avorio.1

Poi rivolto ai compagni (lo attorniava da presso il gruppo dei capitani), comincia tra gli applausi: “L’impresa più ardua è compiuta, o guerrieri; non abbiate paura di quanto ancora resta da affrontare. Guardate: queste sono le spoglie - primizie del trionfo - d’un re superbo. Ecco com’è stato ridotto Mesenzio dalle mie mani! Adesso attaccheremo Laurento e il re Latino. Preparatevi alle armi con tutta l’anima, aprite il cuore alla speranza della vittoria: a volte la paura, cogliendovi di sorpresa, non abbia a ostacolarvi, quando gli Dei consentiranno che si levino al vento le insegne, che si spieghi l’esercito, condotto fuor dell’accampamento! Intanto affidiamo alla terra i corpi dei compagni unico onore che esista sotto il profondo Acheronte. Andate! - disse. - Onorate con l’estremo compenso quei nobili cuori che ci hanno conquistato a prezzo del loro sangue una patria! Per primo sia rimandato alla triste terra d’Evandro Pallante, giovane valoroso, rapito da un giorno di lutto per essere sommerso in una morte immatura.”2

Parla così, tra le lagrime, e torna nella tenda dove l’esanime corpo di Pallante, disteso su un letto, era vegliato dal vecchio Acete: un tempo scudiero del parrasio Evandro, poi da Evandro affiancato a suo figlio, come maestro e amico, purtroppo con auspici non altrettanto lieti. Intorno la servitù, molta gente di Troia e donne, i capelli sciolti secondo l’uso funebre.3 Appena Enea compare sull’alta soglia, levano un immenso lamento sino al cielo, picchiandosi il petto: la tenda reale risuona di tristi pianti. Lo stesso Enea, veduto la testa reclinata, il volto esangue, niveo di Pallante e la piaga aperta nel suo petto tenero dalla lancia ausonia, dice piangendo: “Mio pietoso ragazzo, la Fortuna invidiosa, proprio quando era già sul punto di sorridermi, ha voluto strapparti dal mio fianco e impedirti di vedere il mio regno e tornar vittorioso alla casa paterna! Non era la tua morte che avevo promesso al padre Evandro quando, nel partire, tra abbracci e consigli sul modo di affrontare un impero potente, mi avvertiva che il nemico era forte e che avrei combattuto contro una gente dura. E forse ancora adesso, illuso da vana speranza, egli innalza preghiere colmando gli altari di doni; mentre noi tristi, con pompa inutile, accompagniamo un corpo senza vita, che non deve più nulla a alcuno dei Celesti. Infelice, vedrai tuo figlio ucciso! Questo era il trionfale ritorno che sognavo, che ti avevo promesso? Ma almeno, Evandro, tuo figlio non è morto fuggendo di vergognose ferite; né (peggio ancora!) è salvo per viltà, da dovegli augurare la morte.



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